Con Fidel Castro se ne va, nel bene e
nel male, un pezzo importante della storia mondiale del novecento. Fu, insieme
al fratello Raúl ed a Che Guevara, l’artefice della rivoluzione cubana contro
il dittatore Batista e, al contempo, l’ideatore di una delle applicazioni
pratiche di quella perfetta teoria dell’organizzazione socialista dello stato
che, però, nella realtà si è sempre tradotta in qualcosa di tutt’altro che
perfetto: segno evidente che la perfezione nell’arte del governare non esiste. Ciononostante
riuscì nell’impresa di trasformare Cuba da luna park per americani agiati, che
gozzovigliavano e lucravano con le loro imprese economiche, sfruttando i
contadini del luogo e determinando profonde diseguaglianze sociali, in un paese
in cui i poveri poterono migliorare la loro condizione e tutti disposero di una sanità e di una scolarizzazione paragonabili a quelli dei paesi
più evoluti. Il prezzo di questo sviluppo e di questo “egualitarismo” fu l’annientamento
di ogni dissenso, con la requisizione di imprese private (in gran parte di
possidenti americani, da qui l’odio giurato per lo stato cubano), il controllo
assoluto dei mezzi di informazione e la persecuzione sanguinaria degli
oppositori, che vennero incarcerati e giustiziati o costretti all’esilio. Rivoluzionario,
“Líder maximo”, eroe nazionale per i suoi compatrioti, leader internazionale e
dittatore feroce per gli avversari, Castro fu per quasi cinquant’anni il presidente
simbolo della resistenza al capitalismo dell’occidente e degli Usa, che ebbe la
sua massima espressione nel fallito sbarco degli esuli cubani nella Baia dei
porci, aiutati dagli americani, cui seguì l’installazione di testate atomiche
da parte dell’Unione sovietica (e qui si rischiò la terza guerra mondiale) e
come conseguenza ritorsiva l’imposizione di un lungo embargo commerciale (dal 1962
al 2015), che egli riuscì ad usare a proprio vantaggio, considerandolo come
causa principale di tutti i problemi di Cuba e facendo così accrescere il
patriottismo dei suoi connazionali. Per quanto riguarda la deriva totalitaria
mi chiedo spesso cosa sarebbe stata la Repubblica cubana se non ci fosse stato
il rapporto estremamente conflittuale con i vicini Stati Uniti. Ma la storia la
si scrive necessariamente dopo che i fatti sono accaduti, e ciò esclude i “se”
ed i “ma”. Al netto delle considerazioni sulle innegabili positività e sulle altrettanto
evidenti negatività lasciateci in eredità da Fidel Castro, resta comunque la
figura di un uomo che, nel bene e nel male, come fanno i grandi della terra ha
innescato un cambiamento epocale, lottando per degli ideali fermi e
teoricamente giusti, non chinando la testa al cospetto di una superpotenza
mondiale e trainando il suo popolo con l’utilizzo del patriottismo convinto
come carburante: fino alla vittoria, sempre!
"Non buttare via il tuo tempo o il tempo butterà via te."
sabato 26 novembre 2016
venerdì 25 novembre 2016
Contro ogni atto di violenza sulle donne, oggi, 25 novembre, e sempre
In tutto il mondo, oggi, è la giornata
contro la violenza sulle donne. Contro ogni violenza: fisica, psichica, verbale
e morale. Un giorno che deve servire come monito a tenere alta la guardia
contro i maltrattamenti, le prepotenze ed i soprusi dell’uomo contro ogni suo
simile, ancor di più se di sesso femminile. Perché è impari la forza e
vigliacca ogni azione che tende ad imporla su chi, per naturale conformazione, si
trova a dovervi soccombere. Perché la donna è un essere umano, una creatura
speciale, non un oggetto di cui disporre a proprio piacimento. Oggi è un
momento di riflessione contro la barbarie della sopraffazione istituito dall’Onu
nel 1999, che ha ufficializzato questa data perché 56 anni fa, come oggi, le
tre sorelle Mirabal, rivoluzionarie che lottarono contro la dittatura di Rafael Leónidas Trujillo in Repubblica
Dominicana, dopo essere state torturate e prese a bastonate vennero spietatamente
strangolate da uomini del regime, che, successivamente, per simulare un
incidente spinsero l’auto su cui esse viaggiavano in un precipizio. Una
riflessione che ci deve far meditare sul fatto che ogni giorno è buono per manifestare,
con le nostre azioni quotidiane, il nostro rispetto verso le donne, che hanno
la stessa dignità degli uomini e meritano stima ed attenzione. E, se ciò non
dovesse avvenire, non bisogna subire in
silenzio ma denunciare. «La cultura del rispetto deve diventare una pratica
quotidiana». Per questo, quando si parla della donna - che è un mondo, un
universo - dobbiamo fare in modo che sia 25 novembre ogni giorno dell’anno:
ogni giorno dell’anno dobbiamo ricordarci che sulla donna non bisogna fare
violenza, perché così facendo la violenza sulle donne non esisterà in nessun
giorno dell’anno.
sabato 12 novembre 2016
Gli errori della politica che perde di mira il proprio obiettivo e l’ascesa del populismo
La vittoria
di Donald Trump, multimiliardario politicamente incompetente ed ignorante asceso
alla Casa Bianca con una vittoria schiacciante su un avversario anch’esso
abbastanza discutibile, apre l’immaginazione ad impensabili ed imprevedibili
scenari a livello globale ed induce una seria riflessione sulla deleteria
deriva populista verso cui sta precipitando il mondo.
Negli Usa,
come in Europa ed in Italia si assiste al fenomeno di gente che viene da tutti
altri ambiti rispetto alla politica e si butta nell’agone, promettendo mari e
monti, pur sapendo di non poterli dare, e magari distruggendo quanto di buono è
stato realizzato in precedenza.
Questo facendo
leva sulla disperazione dei cittadini, i quali, stremati da una lunga crisi che
da anni stritola l’economia e le famiglie, si aggrappano alla promessa “del
miracolo” che mai si potrà realizzare e danno fiducia a chi la politica non sa
nemmeno a che lettera la si debba cercare nel dizionario. Maestri della “prestigibilizzazione”
che, trovando terreno reso fertile da chi avrebbe dovuto dare risposte che non
ha dato, infatuano le menti, travisando la realtà e producendo danni inimmaginabili,
per rimediare ai quali occorrerà un tempo infinitamente più grande di quello
impiegato per crearli.
Perché a
distruggere non ci vuole niente: è ricreare che richiede impegno e fatica.
Per fare
alcuni esempi.
Si apriranno
scenari imprevedibili nel campo delle relazioni internazionali, dove si ha
intenzione di intraprendere strade che vanno in direzione opposta a quelle
tracciate negli ultimi decenni.
Si prospettano
danni all’ambiente, con la volontà operare in senso contrastante a quanto fatto
a livello internazionale per la salvaguardia del clima globale, il cui stato di
salute è quasi ad un punto di non ritorno.
Si faranno
passi indietro nell’ambito sanitario statunitense, immaginando un’inversione di
rotta rispetto alla riforma del sistema assistenziale realizzata da Obama.
Si
costruiranno nuovi muri a quasi trent’anni dalla caduta di quelli storici
europei.
E ci sarà
tanto altro che avrebbe dovuto far riflettere.
Nonostante
ciò, e nonostante Trump sia un uomo ricco che non può sapere di cosa ha bisogno
un uomo povero, gli elettori lo hanno votato, e lui ha stravinto. Una vittoria
che, tra l’altro avvenuta con una maggioranza che non si vedeva da quasi un
secolo, fa riflettere, perché successi del genere, negli Usa come in Europa, in
Italia ed in qualsivoglia parte del mondo, proiettano l’immagine di una società
che, ovunque, non ha più fiducia dell’“Elite” politica deputata a dare risposte
che, evidentemente, non dà più.
E non lo fa
da tempo. Perché se in America abbiamo avuto il fenomeno dirompente Trump, in
Europa fenomeni come “Brexit”, per citare il più clamoroso, ed il dilagare dei
populismi più variegati, ed in Italia avanzano prorompenti i Cinque Stelle, il
colpevole è solo uno. La politica, che ha perso di mira ciò che deve stare alla
base della sua ragione d’essere, ha smarrito la sua essenza: il cittadino, i
suoi problemi, le sue necessità ed i suoi bisogni più intimi.
Questo ha
creato un distacco quasi incolmabile tra la classe politica e la società, che è
stanca di dare fiducia a rappresentanti i quali, invece di guardare ai bisogni
per cui sono stati delegati, fanno altro.
È stanca di
eleggere rappresentanti che, anziché dare diritti ed incrementare i servizi,
sono impegnati solo ad ampliare i loro privilegi e ad effettuare tagli nei
punti fermi conquistati con anni di lotte.
Ed allora
il cittadino si rivolge verso chi, spesso sapendo di mentire, e di farlo in
modo evidente, ne esaudisce a parole il bisogno di centralità. Se il mondo sta
andando a rotoli la colpa è della politica, che deve ritrovare la sua essenza,
la sua ragione di esistere: porsi al servizio della società e mettere il popolo
davanti a tutto. Altrimenti il futuro vedrà imporsi tanti altri Trump e trionfare
molti altri populismi nel mondo.
Con tutti i
danni che una simile apocalittica previsione porterà con se.
venerdì 4 novembre 2016
CELEBRAZIONE IV NOVEMBRE 2016
Carissimi
concittadini, autorità civili, militari e religiose
Come ogni
anno, in questo giorno, siamo qui davanti al monumento ai caduti per onorare
quanti diedero la vita per la nostra cara Patria, e per celebrare quanti, ogni giorno,
nelle forze armate e dell’ordine, sono costantemente impegnati a garantire la serenità
sociale, la corretta convivenza civile e la pace tra i popoli nelle missioni sui
vari fronti ancora aperti a livello internazionale.
E’ doveroso
un breve cenno storico, a beneficio dei ragazzi e dei più giovani, soprattutto adesso
che, per ovvi motivi anagrafici, non possono più essere qui presenti i reduci di
quel conflitto, a dare testimonianza tangibile dell’orrore vissuto 100 anni fa.
Ebbene, siamo
qui davanti a questo monumento commemorativo proprio il 4 novembre perché come
oggi, nel 1918, veniva annunciato l’armistizio che poneva fine alle ostilità
tra l’Austria- Ungheria e l’Italia, dopo la vittoria nell’offensiva di Vittorio Veneto
e tre anni e mezzo di sanguinoso e drammatico conflitto che portava a
conclusione il processo di unità nazionale, con l’estensione dei confini italiani
al Trentino Alto Adige, a Trieste e alle Venezie.
Altissimo
fu il prezzo di quella vittoria, che costò la vita a 689 mila italiani, mentre oltre
un milione furono mutilati, invalidi e feriti.
Impressionante
fu anche il numero totale di perdite del conflitto, stimato in 16 milioni di
vittime e 20 milioni tra mutilati e invalidi: cifre che devono far riflettere,
numeri da ricordare.
Per tale
ragione, se siamo qui oggi, è si per commemorare i nostri caduti della prima
guerra mondiale e di tutte le guerre, ma anche per rammentare l’orrore che ogni
conflitto porta con se, per trasmettere alle nuove generazioni i valori civici
di pace, libertà e democrazia.
Siamo qui
per celebrare il valore delle centinaia di migliaia di nostri connazionali, i
componenti delle forse armate e di polizia che, ogni giorno, rischiano la vita
per reprimere il crimine e assicurare il rispetto delle leggi, garantendoci un
vivere quotidiano il più possibile sereno, anche attraverso le missioni di pace
internazionali.
Lo fanno
per noi, come recita lo spot che pubblicizza la celebrazione del 4 novembre.
Per noi e per la nostra sicurezza rischiano ogni giorno la loro vita. A tutti loro
un immenso e commosso grazie per ciò che fanno per la sicurezza dello stato e la
pace delle altre nazioni.
Per la
nostra cultura, oggi, l’orrore della guerra appartiene al passato. È in gran
parte così perché insieme, i popoli che un tempo si sono combattuti, rappresentano
una famiglia comune: l’Europa Unita, una realtà che, dispiace, ha molti limiti
e difetti su cui riflettere, avendo ben chiaro, però, che sono tanti i pregi.
Tra questi
la consapevolezza che l’Ue ha rappresentato
un formidabile strumento di pace
e integrazione fra nazioni e popoli, in passato rivali e nemici ed oggi
cooperanti nel tentativo arduo di raggiungere un benessere comune.
Perché non
seguire l’esempio anche nell’ambito dell’accoglienza a favore degli immigrati?
È un
problema che riguarda tutti ma che, attualmente, vede attivo prevalentemente il
nostro paese, quotidianamente impegnato a salvare vite umane nel Mediterraneo. Ci
aspettiamo un impegno più attivo, seguendo i moniti di Papa Francesco, aiutando
questa gente che sta peggio di noi, ed intervenendo, coralmente, per assicurare
una maggiore stabilità nei paesi – Libia, Siria, Iraq ed altri - dove si vivono
situazioni al limite.
Lo
pretendiamo!
In questo
giorno non si può fare a meno di ricordare le drammatiche difficoltà della nostra
nazione, legate a questa lunga crisi che sembra non finire mai e determina
povertà e disoccupazione.
Il
perdurare della crisi incide non solo sulle finanze statali ma anche sulla concreta
operatività dei piccoli comuni come il nostro, lasciati soli di fronte alle
emergenze sociali e occupazionali, strangolati da assurde norme restrittive e
dai vincoli di un patto di stabilità che spesso ci impediscono di far fronte
anche ai bisogni più elementari della
comunità.
In questo momento
di triste congiuntura sfavorevole noi tutti, iniziando da voi ragazzi, siamo
chiamati a comportarci da cittadini onesti e leali, in qualunque ambito
ciascuno operi: al lavoro; a scuola; in famiglia; nella società. Tutti dobbiamo
collaborare a rendere il nostro piccolo paese più decoroso ed accogliente.
Come
Amministrazione giorno per giorno cerchiamo, con le nostre potenzialità, di
fare il possibile per rendere Gerocarne più abitabile e pulito. Ma serve la
massima collaborazione da parte di voi cittadini, iniziando dalla raccolta
differenziata. Ditelo, bambini, ai vostri genitori, che ancora , purtroppo, va
a rilento.
Sono sotto gli
occhi di tutti il nostro impegno e l’attenzione verso l’arredo urbano e l’ambiente,
con interventi fondamentali di pulizia dei fiumi e del paese, azioni di
recupero del centro storico ed anche con iniziative particolari come quella dei
murales che, al di là delle rimostranze dei soliti detrattori, ha dato decoro e
lustro ad alcuni angoli strategici di Gerocarne, oltre a rappresentare un
importantissimo momento di attività ricreativa e formativa per i nostri bambini
e ragazzi.
Innegabile
è la nostra quasi maniacale attenzione verso il mondo giovanile, scolastico e
sportivo, attraverso: l’incentivazione di tutte le iniziative volte a creare
momenti di convivialità e vivere insieme; la ristrutturazione del plesso
scolastico, reso moderno, sicuro, a risparmio energetico e rispettoso dell’ambiente;
la ristrutturazione completa della palestra e degli impianti sportivi,
creandone di nuovi, per dare ai nostri giovani dei siti d’incontro, dove
crescere sani e lontani da distrazioni devianti.
Abbiamo
dato massimo incentivo alle energie rinnovabili, con l’installazione di
impianti fotovoltaici che contribuiscono al rispetto dell’ambiente e permettono
un notevole risparmio energetico, fornendoci somme da impegnare in altre misure
a vantaggio dei cittadini.
Cerchiamo di
incrementare il turismo, curando i siti attrattivi e promovendo progetti come
quello dell’alternanza scuola - lavoro e l’accoglienza di comitive di
visitatori, puntando a far conoscere le nostre bellezze naturalistiche,
paesaggistiche ed ambientali.
Tra poco
inaugureremo, una struttura unica nel suo genere come l’essiccatoio del legno,
che contiamo possa dare un nuovo slancio occupazionale, anche attraverso il
definitivo rilancio della nostra area industriale della valle del Mesima, posta
in un punto strategico.
Siamo stati
tra i principali fautori del Gal “Terre vibonesi”, il cui progetto di utilizzo
delle cospicue risorse comunitarie è stato da poco eletto come quello migliore,
e questo contribuirà a portare sviluppo e nuova linfa propulsiva non solo per
Gerocarne ma per l’intero entroterra.
Stiamo
facendo altresì di tutto per rilanciare le tradizioni artigiane e l’occupazione
in genere, impegnandoci nella promozione di iniziative come quella, innovativa,
che vede protagonisti i nostri artigiani della terracotta ed il maestro Gerardo
Sacco, che è partito con la nuova elegante collezione di vasi ed oggetti d’arredo
da lui firmati ed impreziositi con inserti in argento. Questa novità assoluta
per il nostro paese speriamo possa dare nuovo slancio alle poche realtà artigiane
ancora esistenti e, da questo, avvicinare all’arte vasaia i giovani, per
incrementare questo nostro antico mestiere ed impedire che scompaia estinto
dalla modernità.
Questo e
altro abbiamo fatto, ed altro faremo, non lesinando alcuno sforzo, perché la
nostra ferma volontà è quella di vedere
Gerocarne trasformato in un paese moderno, accogliente, attrattivo e
sempre più proiettato verso un futuro migliore.
Una volontà simile a quella che ebbero i
nostri tanti concittadini e connazionali per l’Italia, per l’indipendenza e la
libertà della quale combatterono e s’immolarono.
Eleviamo in
questo giorno il nostro pensiero ad essi, in modo particolare ai nostri giovani,
che caddero sui campi di battaglia e non fecero più ritorno a Gerocarne.
Leggerò ora
i nomi dei giovani che sono morti in combattimento, pregandovi di rispondere
simbolicamente “PRESENTE” per ognuno di essi, immaginando che siano qui con noi
e gioiscano, sapendo che il loro estremo sacrificio per un’Italia più libera,
indipendente e pacifica non è stato vano:
·
Domenico
Barillaro, disperso sul monte Pasubio il 4 giugno 1916;
·
Raffaele
Crispo, morto sul campo per ferite il 20 novembre 1916;
·
Rocco
D’Elia, morto a Salerno per malattia il
16 gennaio 1916;
·
Nicola
Lanzellotti, morto per malattia il 25 febbraio 1916;
·
Vincenzo
Papillo. morto in combattimento l’11 giugno 1916;
·
Bruno
Schiavello, morto il 4 aprile 1916 per malattia determinata dalla guerra;
·
Raffaele
Tucci, disperso in combattimento;
·
Francesco Cambareri, disperso in combattimento il 30
giugno 1916.
A conclusione non possono mancare i dovuti
ringraziamenti:
ai
carabinieri ed al comandante della Stazione di Soriano Calabro, maresciallo
Barbaro Sciacca, cui esprimo gratitudine per la particolare attenzione verso
questo territorio;
agli agenti
della nostra polizia municipale;
agli
studenti, ai docenti ed alla Dirigente dell’Istituto Omnicomprensivo di Soriano
Calabro, per la loro presenza;
ai ragazzi
che, emozionandoci, per la prima volta si sono esibiti interpretando l’inno e
gli altri brani, egregiamente diretti dal Prof. __________________;
ai parroci di Gerocarne , Ciano –Ariola e
Sant’Angelo, per la disponibilità e la collaborazione;
a tutti voi
cittadini, che avete onorato con la Vostra presenza questa imprescindibile
cerimonia.
E un grazie,
commosso e dal profondo del cuore, a coloro che, a sacrificio della propria
vita, hanno reso possibile un’Italia ed un mondo migliori.
Viva l’Italia ,
viva le FF.AA.
IL SINDACO
Vitaliano Papillo
martedì 1 novembre 2016
Addio a Tina Anselmi. Se ne va nel giorno della morte di un’altra grande italiana: Alda Merini
Ci ha lasciati oggi una grande italiana: Tina Anselmi: la ragazza della Repubblica che non ha mai spento il proprio sorriso nemmeno nei momenti più bui. La diciassettenne partigiana “Gabriella”, che ha lottato contro il nazifascismo per un paese più libero e democratico. Come fece in tutta la sua vita. Fu partigiana, educatrice, esponente sindacale, attivista politica e, per ben 24 anni, parlamentare, divenendo, nel ’76, la prima ministro donna nella storia dell’Italia repubblicana. Una pioniera visionaria, che nei primi anni ‘80 fu chiamata a presiedere la commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2: un ruolo scomodo che, tra mille difficoltà, svolse e portò a termine in maniera impeccabile. Una donna che ha dato tanto per questo Paese, contribuendo, altresì, all'istituzione del servizio sanitario nazionale. Per una particolarissima coincidenza se n’è andata oggi, giorno in cui, sette anni fa, ci lasciava un’altra grande italiana: Alda Merini, poetessa, sognatrice “folle”, nella misura in cui folle è colei, o colui, che può essere così avanti da riuscire a descrivere circostanze e situazioni a cui, i supposti “normali”, arrivano più tardi. Tina Anselmi e Alda Merini: due donne che, già per questo, negli anni in cui vissero la loro età migliore, per ciò che svolgevano potevano essere considerate “folli”. Lo erano: erano malate di una “follia” lucida. Quella “follia" che, in due campi diversi, quello della politica e quello della poesia, ha saputo dare tanto insegnamento al nostro Paese. E voglio pensare che è per questo che la morte ha scelto di andare a bussare alle loro porte nello stesso giorno: mi piace pensare che la morte, che interviene a ristabilire il giusto peso tra ciò che si è fatto e ciò che la provvidenza divina ha in serbo per ognuno di noi, abbia fatto i suoi corretti calcoli ed abbia chiamato queste due grandi donne nello stesso giorno perché coincidesse e fosse preso in una considerazione maggiore il loro diverso impegno. Un impegno di cui, ognuno, dovrebbe fare tesoro, traendone insegnamento: per essere un po’ più “folli”; e cercare di costruire una società ed un mondo migliori.
Iscriviti a:
Post (Atom)