"Non buttare via il tuo tempo o il tempo butterà via te."



sabato 26 novembre 2016

Hasta la victoria siempre

Con Fidel Castro se ne va, nel bene e nel male, un pezzo importante della storia mondiale del novecento. Fu, insieme al fratello Raúl ed a Che Guevara, l’artefice della rivoluzione cubana contro il dittatore Batista e, al contempo, l’ideatore di una delle applicazioni pratiche di quella perfetta teoria dell’organizzazione socialista dello stato che, però, nella realtà si è sempre tradotta in qualcosa di tutt’altro che perfetto: segno evidente che la perfezione nell’arte del governare non esiste. Ciononostante riuscì nell’impresa di trasformare Cuba da luna park per americani agiati, che gozzovigliavano e lucravano con le loro imprese economiche, sfruttando i contadini del luogo e determinando profonde diseguaglianze sociali, in un paese in cui i poveri poterono migliorare la loro condizione e tutti disposero di una sanità e di una scolarizzazione paragonabili a quelli dei paesi più evoluti. Il prezzo di questo sviluppo e di questo “egualitarismo” fu l’annientamento di ogni dissenso, con la requisizione di imprese private (in gran parte di possidenti americani, da qui l’odio giurato per lo stato cubano), il controllo assoluto dei mezzi di informazione e la persecuzione sanguinaria degli oppositori, che vennero incarcerati e giustiziati o costretti all’esilio. Rivoluzionario, “Líder maximo”, eroe nazionale per i suoi compatrioti, leader internazionale e dittatore feroce per gli avversari, Castro fu per quasi cinquant’anni il presidente simbolo della resistenza al capitalismo dell’occidente e degli Usa, che ebbe la sua massima espressione nel fallito sbarco degli esuli cubani nella Baia dei porci, aiutati dagli americani, cui seguì l’installazione di testate atomiche da parte dell’Unione sovietica (e qui si rischiò la terza guerra mondiale) e come conseguenza ritorsiva l’imposizione di un lungo embargo commerciale (dal 1962 al 2015), che egli riuscì ad usare a proprio vantaggio, considerandolo come causa principale di tutti i problemi di Cuba e facendo così accrescere il patriottismo dei suoi connazionali. Per quanto riguarda la deriva totalitaria mi chiedo spesso cosa sarebbe stata la Repubblica cubana se non ci fosse stato il rapporto estremamente conflittuale con i vicini Stati Uniti. Ma la storia la si scrive necessariamente dopo che i fatti sono accaduti, e ciò esclude i “se” ed i “ma”. Al netto delle considerazioni sulle innegabili positività e sulle altrettanto evidenti negatività lasciateci in eredità da Fidel Castro, resta comunque la figura di un uomo che, nel bene e nel male, come fanno i grandi della terra ha innescato un cambiamento epocale, lottando per degli ideali fermi e teoricamente giusti, non chinando la testa al cospetto di una superpotenza mondiale e trainando il suo popolo con l’utilizzo del patriottismo convinto come carburante: fino alla vittoria, sempre!

venerdì 25 novembre 2016

Contro ogni atto di violenza sulle donne, oggi, 25 novembre, e sempre

In tutto il mondo, oggi, è la giornata contro la violenza sulle donne. Contro ogni violenza: fisica, psichica, verbale e morale. Un giorno che deve servire come monito a tenere alta la guardia contro i maltrattamenti, le prepotenze ed i soprusi dell’uomo contro ogni suo simile, ancor di più se di sesso femminile. Perché è impari la forza e vigliacca ogni azione che tende ad imporla su chi, per naturale conformazione, si trova a dovervi soccombere. Perché la donna è un essere umano, una creatura speciale, non un oggetto di cui disporre a proprio piacimento. Oggi è un momento di riflessione contro la barbarie della sopraffazione istituito dall’Onu nel 1999, che ha ufficializzato questa data perché 56 anni fa, come oggi, le tre sorelle Mirabal, rivoluzionarie che lottarono contro la dittatura di Rafael Leónidas Trujillo in Repubblica Dominicana, dopo essere state torturate e prese a bastonate vennero spietatamente strangolate da uomini del regime, che, successivamente, per simulare un incidente spinsero l’auto su cui esse viaggiavano in un precipizio. Una riflessione che ci deve far meditare sul fatto che ogni giorno è buono per manifestare, con le nostre azioni quotidiane, il nostro rispetto verso le donne, che hanno la stessa dignità degli uomini e meritano stima ed attenzione. E, se ciò non dovesse avvenire, non bisogna  subire in silenzio ma denunciare. «La cultura del rispetto deve diventare una pratica quotidiana». Per questo, quando si parla della donna - che è un mondo, un universo - dobbiamo fare in modo che sia 25 novembre ogni giorno dell’anno: ogni giorno dell’anno dobbiamo ricordarci che sulla donna non bisogna fare violenza, perché così facendo la violenza sulle donne non esisterà in nessun giorno dell’anno. 

sabato 12 novembre 2016

Gli errori della politica che perde di mira il proprio obiettivo e l’ascesa del populismo

La vittoria di Donald Trump, multimiliardario politicamente incompetente ed ignorante asceso alla Casa Bianca con una vittoria schiacciante su un avversario anch’esso abbastanza discutibile, apre l’immaginazione ad impensabili ed imprevedibili scenari a livello globale ed induce una seria riflessione sulla deleteria deriva populista verso cui sta precipitando il mondo.
Negli Usa, come in Europa ed in Italia si assiste al fenomeno di gente che viene da tutti altri ambiti rispetto alla politica e si butta nell’agone, promettendo mari e monti, pur sapendo di non poterli dare, e magari distruggendo quanto di buono è stato realizzato in precedenza.
Questo facendo leva sulla disperazione dei cittadini, i quali, stremati da una lunga crisi che da anni stritola l’economia e le famiglie, si aggrappano alla promessa “del miracolo” che mai si potrà realizzare e danno fiducia a chi la politica non sa nemmeno a che lettera la si debba cercare nel dizionario. Maestri della “prestigibilizzazione” che, trovando terreno reso fertile da chi avrebbe dovuto dare risposte che non ha dato, infatuano le menti, travisando la realtà e producendo danni inimmaginabili, per rimediare ai quali occorrerà un tempo infinitamente più grande di quello impiegato per crearli.
Perché a distruggere non ci vuole niente: è ricreare che richiede impegno e fatica.
Per fare alcuni esempi.
Si apriranno scenari imprevedibili nel campo delle relazioni internazionali, dove si ha intenzione di intraprendere strade che vanno in direzione opposta a quelle tracciate negli ultimi decenni.
Si prospettano danni all’ambiente, con la volontà operare in senso contrastante a quanto fatto a livello internazionale per la salvaguardia del clima globale, il cui stato di salute è quasi ad un punto di non ritorno.
Si faranno passi indietro nell’ambito sanitario statunitense, immaginando un’inversione di rotta rispetto alla riforma del sistema assistenziale realizzata da Obama.
Si costruiranno nuovi muri a quasi trent’anni dalla caduta di quelli storici europei.
E ci sarà tanto altro che avrebbe dovuto far riflettere.
Nonostante ciò, e nonostante Trump sia un uomo ricco che non può sapere di cosa ha bisogno un uomo povero, gli elettori lo hanno votato, e lui ha stravinto. Una vittoria che, tra l’altro avvenuta con una maggioranza che non si vedeva da quasi un secolo, fa riflettere, perché successi del genere, negli Usa come in Europa, in Italia ed in qualsivoglia parte del mondo, proiettano l’immagine di una società che, ovunque, non ha più fiducia dell’“Elite” politica deputata a dare risposte che, evidentemente, non dà più.
E non lo fa da tempo. Perché se in America abbiamo avuto il fenomeno dirompente Trump, in Europa fenomeni come “Brexit”, per citare il più clamoroso, ed il dilagare dei populismi più variegati, ed in Italia avanzano prorompenti i Cinque Stelle, il colpevole è solo uno. La politica, che ha perso di mira ciò che deve stare alla base della sua ragione d’essere, ha smarrito la sua essenza: il cittadino, i suoi problemi, le sue necessità ed i suoi bisogni più intimi.
Questo ha creato un distacco quasi incolmabile tra la classe politica e la società, che è stanca di dare fiducia a rappresentanti i quali, invece di guardare ai bisogni per cui sono stati delegati, fanno altro.
È stanca di eleggere rappresentanti che, anziché dare diritti ed incrementare i servizi, sono impegnati solo ad ampliare i loro privilegi e ad effettuare tagli nei punti fermi conquistati con anni di lotte.
Ed allora il cittadino si rivolge verso chi, spesso sapendo di mentire, e di farlo in modo evidente, ne esaudisce a parole il bisogno di centralità. Se il mondo sta andando a rotoli la colpa è della politica, che deve ritrovare la sua essenza, la sua ragione di esistere: porsi al servizio della società e mettere il popolo davanti a tutto. Altrimenti il futuro vedrà imporsi tanti altri Trump e trionfare molti altri populismi nel mondo.

Con tutti i danni che una simile apocalittica previsione porterà con se.

venerdì 4 novembre 2016

CELEBRAZIONE IV NOVEMBRE 2016

Carissimi concittadini, autorità civili, militari e religiose
Come ogni anno, in questo giorno, siamo qui davanti al monumento ai caduti per onorare quanti diedero la vita per la nostra cara Patria, e per celebrare quanti, ogni giorno, nelle forze armate e dell’ordine, sono costantemente impegnati a garantire la serenità sociale, la corretta convivenza civile e la pace tra i popoli nelle missioni sui vari fronti ancora aperti a livello internazionale.
E’ doveroso un breve cenno storico, a beneficio dei ragazzi e dei più giovani, soprattutto adesso che, per ovvi motivi anagrafici, non possono più essere qui presenti i reduci di quel conflitto, a dare testimonianza tangibile dell’orrore vissuto 100 anni fa.
Ebbene, siamo qui davanti a questo monumento commemorativo proprio il 4 novembre perché come oggi, nel 1918, veniva annunciato l’armistizio che poneva fine alle ostilità tra l’Austria- Ungheria e l’Italia, dopo  la vittoria nell’offensiva di Vittorio Veneto e tre anni e mezzo di sanguinoso e drammatico conflitto che portava a conclusione il processo di unità nazionale, con l’estensione dei confini italiani al Trentino Alto Adige, a Trieste e alle Venezie.
Altissimo fu il prezzo di quella vittoria, che costò la vita a 689 mila italiani, mentre oltre un milione furono mutilati, invalidi e feriti.
Impressionante fu anche il numero totale di perdite del conflitto, stimato in 16 milioni di vittime e 20 milioni tra mutilati e invalidi: cifre che devono far riflettere, numeri da ricordare.
Per tale ragione, se siamo qui oggi, è si per commemorare i nostri caduti della prima guerra mondiale e di tutte le guerre, ma anche per rammentare l’orrore che ogni conflitto porta con se, per trasmettere alle nuove generazioni i valori civici di pace, libertà e democrazia.
Siamo qui per celebrare il valore delle centinaia di migliaia di nostri connazionali, i componenti delle forse armate e di polizia che, ogni giorno, rischiano la vita per reprimere il crimine e assicurare il rispetto delle leggi, garantendoci un vivere quotidiano il più possibile sereno, anche attraverso le missioni di pace internazionali.
Lo fanno per noi, come recita lo spot che pubblicizza la celebrazione del 4 novembre. Per noi e per la nostra sicurezza rischiano ogni giorno la loro vita. A tutti loro un immenso e commosso grazie per ciò che fanno per la sicurezza dello stato e la pace delle altre nazioni.
Per la nostra cultura, oggi, l’orrore della guerra appartiene al passato. È in gran parte così perché insieme, i popoli che un tempo si sono combattuti, rappresentano una famiglia comune: l’Europa Unita, una realtà che, dispiace, ha molti limiti e difetti su cui riflettere, avendo ben chiaro, però, che sono tanti i pregi.
Tra questi la consapevolezza che l’Ue ha rappresentato  un formidabile  strumento di pace e integrazione fra nazioni e popoli, in passato rivali e nemici ed oggi cooperanti nel tentativo arduo di raggiungere un benessere comune.
Perché non seguire l’esempio anche nell’ambito dell’accoglienza a favore degli immigrati?
È un problema che riguarda tutti ma che, attualmente, vede attivo prevalentemente il nostro paese, quotidianamente impegnato a salvare vite umane nel Mediterraneo. Ci aspettiamo un impegno più attivo, seguendo i moniti di Papa Francesco, aiutando questa gente che sta peggio di noi, ed intervenendo, coralmente, per assicurare una maggiore stabilità nei paesi – Libia, Siria, Iraq ed altri - dove si vivono situazioni al limite.
Lo pretendiamo!
In questo giorno non si può fare a meno di ricordare le drammatiche difficoltà della nostra nazione, legate a questa lunga crisi che sembra non finire mai e determina povertà e disoccupazione.
Il perdurare della crisi incide non solo sulle finanze statali ma anche sulla concreta operatività dei piccoli comuni come il nostro, lasciati soli di fronte alle emergenze sociali e occupazionali, strangolati da assurde norme restrittive e dai vincoli di un patto di stabilità che spesso ci impediscono di far fronte anche ai bisogni  più elementari della comunità.
In questo momento di triste congiuntura sfavorevole noi tutti, iniziando da voi ragazzi, siamo chiamati a comportarci da cittadini onesti e leali, in qualunque ambito ciascuno operi: al lavoro; a scuola; in famiglia; nella società. Tutti dobbiamo collaborare a rendere il nostro piccolo paese più decoroso ed accogliente.
Come Amministrazione giorno per giorno cerchiamo, con le nostre potenzialità, di fare il possibile per rendere Gerocarne più abitabile e pulito. Ma serve la massima collaborazione da parte di voi cittadini, iniziando dalla raccolta differenziata. Ditelo, bambini, ai vostri genitori, che ancora , purtroppo, va a rilento.
Sono sotto gli occhi di tutti il nostro impegno e l’attenzione verso l’arredo urbano e l’ambiente, con interventi fondamentali di pulizia dei fiumi e del paese, azioni di recupero del centro storico ed anche con iniziative particolari come quella dei murales che, al di là delle rimostranze dei soliti detrattori, ha dato decoro e lustro ad alcuni angoli strategici di Gerocarne, oltre a rappresentare un importantissimo momento di attività ricreativa e formativa per i nostri bambini e ragazzi.
Innegabile è la nostra quasi maniacale attenzione verso il mondo giovanile, scolastico e sportivo, attraverso: l’incentivazione di tutte le iniziative volte a creare momenti di convivialità e vivere insieme; la ristrutturazione del plesso scolastico, reso moderno, sicuro, a risparmio energetico e rispettoso dell’ambiente; la ristrutturazione completa della palestra e degli impianti sportivi, creandone di nuovi, per dare ai nostri giovani dei siti d’incontro, dove crescere sani e lontani da distrazioni devianti.
Abbiamo dato massimo incentivo alle energie rinnovabili, con l’installazione di impianti fotovoltaici che contribuiscono al rispetto dell’ambiente e permettono un notevole risparmio energetico, fornendoci somme da impegnare in altre misure a vantaggio dei cittadini.
Cerchiamo di incrementare il turismo, curando i siti attrattivi e promovendo progetti come quello dell’alternanza scuola - lavoro e l’accoglienza di comitive di visitatori, puntando a far conoscere le nostre bellezze naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali.
Tra poco inaugureremo, una struttura unica nel suo genere come l’essiccatoio del legno, che contiamo possa dare un nuovo slancio occupazionale, anche attraverso il definitivo rilancio della nostra area industriale della valle del Mesima, posta in un punto strategico.
Siamo stati tra i principali fautori del Gal “Terre vibonesi”, il cui progetto di utilizzo delle cospicue risorse comunitarie è stato da poco eletto come quello migliore, e questo contribuirà a portare sviluppo e nuova linfa propulsiva non solo per Gerocarne ma per l’intero entroterra.
Stiamo facendo altresì di tutto per rilanciare le tradizioni artigiane e l’occupazione in genere, impegnandoci nella promozione di iniziative come quella, innovativa, che vede protagonisti i nostri artigiani della terracotta ed il maestro Gerardo Sacco, che è partito con la nuova elegante collezione di vasi ed oggetti d’arredo da lui firmati ed impreziositi con inserti in argento. Questa novità assoluta per il nostro paese speriamo possa dare nuovo slancio alle poche realtà artigiane ancora esistenti e, da questo, avvicinare all’arte vasaia i giovani, per incrementare questo nostro antico mestiere ed impedire che scompaia estinto dalla modernità.
Questo e altro abbiamo fatto, ed altro faremo, non lesinando alcuno sforzo, perché la nostra ferma volontà è quella di vedere  Gerocarne trasformato in un paese moderno, accogliente, attrattivo e sempre più proiettato verso un futuro migliore.
 Una volontà simile a quella che ebbero i nostri tanti concittadini e connazionali per l’Italia, per l’indipendenza e la libertà della quale combatterono e s’immolarono.
Eleviamo in questo giorno il nostro pensiero ad essi, in modo particolare ai nostri giovani, che caddero sui campi di battaglia e non fecero più ritorno a Gerocarne.
Leggerò ora i nomi dei giovani che sono morti in combattimento, pregandovi di rispondere simbolicamente “PRESENTE” per ognuno di essi, immaginando che siano qui con noi e gioiscano, sapendo che il loro estremo sacrificio per un’Italia più libera, indipendente e pacifica non è stato vano:
·        Domenico Barillaro, disperso sul monte Pasubio il 4 giugno 1916;
·        Raffaele Crispo, morto sul campo per ferite il 20 novembre 1916;
·        Rocco D’Elia, morto a Salerno per  malattia il 16 gennaio 1916;
·        Nicola Lanzellotti, morto per malattia il 25 febbraio 1916;
·        Vincenzo Papillo. morto in combattimento l’11 giugno 1916;
·        Bruno Schiavello, morto il 4 aprile 1916 per malattia determinata dalla guerra;
·        Raffaele Tucci, disperso in combattimento;
·        Francesco  Cambareri, disperso in combattimento il 30 giugno 1916.
 A conclusione non possono mancare i dovuti ringraziamenti:
ai carabinieri ed al comandante della Stazione di Soriano Calabro, maresciallo Barbaro Sciacca, cui esprimo gratitudine per la particolare attenzione verso questo territorio;
agli agenti della nostra polizia municipale;
agli studenti, ai docenti ed alla Dirigente dell’Istituto Omnicomprensivo di Soriano Calabro, per la loro presenza;
ai ragazzi che, emozionandoci, per la prima volta si sono esibiti interpretando l’inno e gli altri brani, egregiamente diretti dal Prof. __________________;
ai  parroci di Gerocarne , Ciano –Ariola e Sant’Angelo, per la disponibilità e la collaborazione;
a tutti voi cittadini, che avete onorato con la Vostra presenza questa imprescindibile cerimonia. 
E un grazie, commosso e dal profondo del cuore, a coloro che, a sacrificio della propria vita, hanno reso possibile un’Italia ed un mondo migliori.
Viva l’Italia , viva le FF.AA.
                                                          IL  SINDACO

                                                       Vitaliano   Papillo

martedì 1 novembre 2016

Addio a Tina Anselmi. Se ne va nel giorno della morte di un’altra grande italiana: Alda Merini

Ci ha lasciati oggi una grande italiana: Tina Anselmi: la ragazza della Repubblica che non ha mai spento il proprio sorriso nemmeno nei momenti più bui. La diciassettenne partigiana “Gabriella”, che ha lottato contro il nazifascismo per un paese più libero e democratico. Come fece in tutta la sua vita. Fu partigiana, educatrice, esponente sindacale, attivista politica e, per ben 24 anni, parlamentare, divenendo, nel ’76, la prima ministro donna nella storia dell’Italia repubblicana. Una pioniera visionaria, che nei primi anni ‘80 fu chiamata a presiedere la commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2: un ruolo scomodo che, tra mille difficoltà, svolse e portò a termine in maniera impeccabile. Una donna che ha dato tanto per questo Paese, contribuendo, altresì, all'istituzione del servizio sanitario nazionale. Per una particolarissima coincidenza se n’è andata oggi, giorno in cui, sette anni fa, ci lasciava un’altra grande italiana: Alda Merini, poetessa, sognatrice “folle”, nella misura in cui folle è colei, o colui, che può essere così avanti da riuscire a descrivere circostanze e situazioni a cui, i supposti “normali”, arrivano più tardi. Tina Anselmi e Alda Merini: due donne che, già per questo, negli anni in cui vissero la loro età migliore, per ciò che svolgevano potevano essere considerate “folli”. Lo erano: erano malate di una “follia” lucida. Quella “follia" che, in due campi diversi, quello della politica e quello della poesia, ha saputo dare tanto insegnamento al nostro Paese. E voglio pensare che è per questo che la morte ha scelto di andare a bussare alle loro porte nello stesso giorno: mi piace pensare che la morte, che interviene a ristabilire il giusto peso tra ciò che si è fatto e ciò che la provvidenza divina ha in serbo per ognuno di noi, abbia fatto i suoi corretti calcoli ed abbia chiamato queste due grandi donne nello stesso giorno perché coincidesse e fosse preso in una considerazione maggiore il loro diverso impegno. Un impegno di cui, ognuno, dovrebbe fare tesoro, traendone insegnamento: per essere un po’ più “folli”; e cercare di costruire una società ed un mondo migliori.