La vittoria
di Donald Trump, multimiliardario politicamente incompetente ed ignorante asceso
alla Casa Bianca con una vittoria schiacciante su un avversario anch’esso
abbastanza discutibile, apre l’immaginazione ad impensabili ed imprevedibili
scenari a livello globale ed induce una seria riflessione sulla deleteria
deriva populista verso cui sta precipitando il mondo.
Negli Usa,
come in Europa ed in Italia si assiste al fenomeno di gente che viene da tutti
altri ambiti rispetto alla politica e si butta nell’agone, promettendo mari e
monti, pur sapendo di non poterli dare, e magari distruggendo quanto di buono è
stato realizzato in precedenza.
Questo facendo
leva sulla disperazione dei cittadini, i quali, stremati da una lunga crisi che
da anni stritola l’economia e le famiglie, si aggrappano alla promessa “del
miracolo” che mai si potrà realizzare e danno fiducia a chi la politica non sa
nemmeno a che lettera la si debba cercare nel dizionario. Maestri della “prestigibilizzazione”
che, trovando terreno reso fertile da chi avrebbe dovuto dare risposte che non
ha dato, infatuano le menti, travisando la realtà e producendo danni inimmaginabili,
per rimediare ai quali occorrerà un tempo infinitamente più grande di quello
impiegato per crearli.
Perché a
distruggere non ci vuole niente: è ricreare che richiede impegno e fatica.
Per fare
alcuni esempi.
Si apriranno
scenari imprevedibili nel campo delle relazioni internazionali, dove si ha
intenzione di intraprendere strade che vanno in direzione opposta a quelle
tracciate negli ultimi decenni.
Si prospettano
danni all’ambiente, con la volontà operare in senso contrastante a quanto fatto
a livello internazionale per la salvaguardia del clima globale, il cui stato di
salute è quasi ad un punto di non ritorno.
Si faranno
passi indietro nell’ambito sanitario statunitense, immaginando un’inversione di
rotta rispetto alla riforma del sistema assistenziale realizzata da Obama.
Si
costruiranno nuovi muri a quasi trent’anni dalla caduta di quelli storici
europei.
E ci sarà
tanto altro che avrebbe dovuto far riflettere.
Nonostante
ciò, e nonostante Trump sia un uomo ricco che non può sapere di cosa ha bisogno
un uomo povero, gli elettori lo hanno votato, e lui ha stravinto. Una vittoria
che, tra l’altro avvenuta con una maggioranza che non si vedeva da quasi un
secolo, fa riflettere, perché successi del genere, negli Usa come in Europa, in
Italia ed in qualsivoglia parte del mondo, proiettano l’immagine di una società
che, ovunque, non ha più fiducia dell’“Elite” politica deputata a dare risposte
che, evidentemente, non dà più.
E non lo fa
da tempo. Perché se in America abbiamo avuto il fenomeno dirompente Trump, in
Europa fenomeni come “Brexit”, per citare il più clamoroso, ed il dilagare dei
populismi più variegati, ed in Italia avanzano prorompenti i Cinque Stelle, il
colpevole è solo uno. La politica, che ha perso di mira ciò che deve stare alla
base della sua ragione d’essere, ha smarrito la sua essenza: il cittadino, i
suoi problemi, le sue necessità ed i suoi bisogni più intimi.
Questo ha
creato un distacco quasi incolmabile tra la classe politica e la società, che è
stanca di dare fiducia a rappresentanti i quali, invece di guardare ai bisogni
per cui sono stati delegati, fanno altro.
È stanca di
eleggere rappresentanti che, anziché dare diritti ed incrementare i servizi,
sono impegnati solo ad ampliare i loro privilegi e ad effettuare tagli nei
punti fermi conquistati con anni di lotte.
Ed allora
il cittadino si rivolge verso chi, spesso sapendo di mentire, e di farlo in
modo evidente, ne esaudisce a parole il bisogno di centralità. Se il mondo sta
andando a rotoli la colpa è della politica, che deve ritrovare la sua essenza,
la sua ragione di esistere: porsi al servizio della società e mettere il popolo
davanti a tutto. Altrimenti il futuro vedrà imporsi tanti altri Trump e trionfare
molti altri populismi nel mondo.
Con tutti i
danni che una simile apocalittica previsione porterà con se.
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