In chiave diversa rispetto all’avanzata
del populismo l’importantissima vittoria di Emmanuel Macron in Francia è
ugualmente espressione e figlia di due temi che dal populismo derivano: la
politica tradizionale, così come ancora punta a perpetrarsi, non va più bene; l’Europa,
così come ancora punta a perpetrarsi, non va più bene. Se uguale è la matrice
agli antipodi, tuttavia, sono i metodi con cui occorre approcciarsi ai problemi. Nel primo
caso occorre stare vicini alla gente ed ascoltarla, che è diverso dall’estremizzare
l’esasperazione. Nel secondo caso occorre cambiare l’Europa, che è diverso dal
distruggerla tout court. Emmanuel Macron, giovane leader europeo, ha incarnato
queste due chiavi di lettura, postulati che stanno alla base della sua vittoria.
Quello che oggi viene definito “populismo”, in definitiva, non è altro che la
risposta ad un grido che promana dai cittadini sui reali bisogni che questi avvertono
e nei confronti dei quali la politica tradizionale sembra continuare a rimanere
sorda, non riuscendo ad ascoltare i problemi che la società rimarca e dando
spazio a nuove formazioni politiche ed a leader che per risolverli ricorrono
spesso alla fantapolitica ed alla promessa di improbabili miracoli. Se è vero
che di Macron conosciamo politicamente poco, sappiamo indubbiamente che ha
affrontato la campagna per l’ascesa all’Eliseo parlando in modo chiaro, chiamando i problemi con il loro
nome, sostenendo l’Europa unita da europeista convinto, e convinto del fatto
che l’Europa per continuare ad esistere vada modificata. Con lui oggi in
Francia, attraverso un messaggio che viene lanciato al mondo intero, vince sicuramente
la voglia di parlare chiaro alla gente, stare vicino a dalla parte dei
cittadini, ascoltarli ed accettare la sfida di risolvere insieme ad essi i loro
problemi, approcciandosi a questi con una mente aperta di giovane ed avendo
bene chiara quella che è la realtà esistente, da cui non occorre discostarsi.
Allo stesso tempo il nuovo presidente francese crede nell’importanza dell’Europa
unita, che però deve essere meno tecnocratica e più unita su temi e scelte
importanti, come quello di una politica unitaria, di una fiscalità univoca, di
un approccio economico a livello di singoli stati più uniforme. Con Macron,
fautore di un progetto concreto, straordinario, valido e credibile, che non
butta fumo negli occhi ma parte dall’ascolto della gente, cioè da dove la
politica tradizionale ha fallito, ha trionfato tutto questo. Ha trionfato la
Francia ed ha trionfato l’Europa e, con essa, tutti i paesi che ne fanno parte
e che devono necessariamente interpretare il forte e significativo messaggio lanciato
da questa importante vittoria. L’Italia, se vuole un futuro degno del suo nome,
deve recepire questo messaggio. I partiti tradizionali, nel nostro paese,
devono ripartire dall’ascolto della base. Devono comprendere che la base è la
loro linfa e che, al contempo, così come è avvenuto in Francia, al termine del
voto deve essere chiara la situazione che si è venuta a configurare, deve
essere chiaro chi ha vinto e chi ha perso. Circostanza che può verificarsi solo
attraverso una legge elettorale che non sia farraginosa e confusionaria. Solo in
tal modo la politica potrà assolvere il compito a cui è stata delegata, arrestare
la deleteria e fantascientifica ondata populista e puntare su un Paese stabile,
avanzato, moderno e competitivo, al suo interno, in Europa e nel mondo.
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