Il
27 gennaio, 71 anni fa, le truppe sovietiche stanziate in Polonia scoprivano il
campo di concentramento di Auschwitz, con i pochi superstiti rimasti, e
svelavano al mondo intero gli orrori dei crimini nazisti contro il popolo
ebraico e contro tutti coloro che i tedeschi ritenevano inferiori ed
indesiderabili, oggetto di uno scellerato sterminio perpetrato al di fuori di
ogni logica umana. Milioni di uomini, donne e bambini innocenti perirono in una
guerra nella guerra generata dalla pazzia e dal delirio di un uomo e di un
popolo, superiori solo nella capacità di generare il male assoluto. Parole come
Olocausto, Shoah, genocidio sono disgraziatamente entrati a far parte del vocabolario mondiale,
svelando agli uomini quanto possa essere insana e crudele la bestia umana
quando la sua azione è guidata dalla follia e dalla malvagità. Pensando allo
sterminio nazista mi vengono in mente quei binari morti che, tra la neve,
conducono vagoni di disperati verso luoghi di non ritorno. Mi vengono in mente
quei pigiami a righe indossati da persone stanziate dietro reticolati di filo
spinato, col viso tracciato dalla paura di chi sta andando incontro ad un
destino ignoto ed assurdo. Penso a quei numeri, segnati a caldo sugli arti dei
deportati: una matricola di contrassegno per identificare esseri umani come si
trattasse di oggetti qualsiasi. Rifletto
su quel fumo che saliva su come da qualsiasi comignolo e rabbrividisco,
pensando a come veniva alimentato. E poi a quei corpi, consumati dalla fame e
dalla fatica ed accantonati uno sull'altro come cumuli di macerie da smaltire. Immagini che mi gravitano in mente cercando di
ricomporsi in un perché che è impossibile da penetrare. Raramente il passato è
stato così crudele e spietato e mai la
storia avrebbe voluto riportare ai posteri di simili accadimenti. Ma l’insensatezza
umana l’ha costretta a farlo. Ha costretto la storia a scrivere sui libri dello
sterminio di uomini perpetrato da altri uomini. Quell'insensatezza che
costringe tuttora la storia a scrivere spesso di persecuzioni di minoranze, di
esodi in massa da paesi in perenne guerra, di uomini, donne e bambini che fuggono
da orrori e muoiono inghiottiti dalle acque del mare, di belligeranze scriteriate,
di prevaricazioni dell’uomo sui suoi simili. Ed allora ricordare diventa un
invito a riflettere sugli orrori del passato e su quelli del presente, per
trarre insegnamento ed auspicare che si eviti che altre pagine simili siano
contenute nei libri. È giusto ricordare affinché si possa scrutare un futuro in
cui mai più debbano riproporsi simili abbagli di massa. Così dovrebbe essere. A questo dovrebbe
servire la giornata della memoria, istituzionalizzata, com'è giusto che sia,
per fare da spartiacque tra ciò che è stato, ciò che ancora oggi spesso è e ciò
che assolutamente non dovrebbe essere più. Mai più.
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