Con
l’arrivo della bella stagione si ripresenta in tutta la sua prepotenza uno di quei
soliti annosi problemi che nel personalissimo dizionario della lingua Calabrese
si suole chiamare emergenze: emergenza sanità; emergenza rifiuti; emergenza
acqua potabile; emergenza depurazione. In una regione dove si vive
prevalentemente di turismo e si aspettano i tre/quattro mesi estivi per risollevare
il grafico di un’economia altrimenti sotto zero, nella mia duplice veste di
sindaco di Gerocarne e componente della segreteria vibonese del partito
democratico, con delega all’ambiente, non posso esimermi dal sottoporre all’attenzione
di chi di competenza la questione della perenne inadeguatezza (leggasi assenza
per molti centri) della depurazione, settore che, secondo alcuni dati diffusi
lo scorso anno da Legambiente, vede la nostra regione al penultimo posto, dopo
la Sicilia, con riferimento alla percentuale - 49,9% - di abitanti serviti da
adeguato sistema di purificazione delle acque reflue. Ed in Calabria, per non
smentirsi mai, la maglia nera va alla provincia di Vibo, dove la percentuale
scende al 40,9%, con la persistenza delle maggiori criticità nei centri dell’entroterra.
Tra questi vanno annoverati in primis quelli della valle del Mesima, dove non
esiste la benché minima presenza di impianti di depurazione e, dove questi vi sono,
anche di recente realizzazione, non sono in funzione, con tutte le intuibili
conseguenze in termini di qualità delle acque marine, dell’afflusso turistico
e, in definitiva, della salute dei cittadini, costretti, loro malgrado, a
convivere con le emergenze in salsa calabra, sintomo di costante inadeguatezza
nella gestione della cosa pubblica. Esisteva, invero, per l’area in questione,
un progetto da complessivi 11 milioni di euro per la realizzazione di un
impianto consortile, presentato dal consorzio “Mesima 2”, comprendente 10
comuni ubicati sulla sponda sinistra dell’omonimo fiume (Acquaro, Arena, Dasà,
Dinami, Gerocarne, Pizzoni, Sorianello, Soriano, Vallelonga e Vazzano). Ma l’iter
sembra essersi arenato in quanto, per mancanza di fondi, la regione non ha
finanziato il piano. Il tutto mentre centinaia di migliaia di euro, che potrebbero
essere indirizzati allo scopo, vengono sistematicamente rispediti al mittente
dell’Ue. Una criticità non più tollerabile in quanto è inimmaginabile che in
una terra che ha nel turismo una delle principali fonti di reddito le fogne
continuino a scaricare nei fiumi e questi a confluire in mare ed è, pertanto, necessario
che ci si adoperi al più presto per ridare slancio ad un turismo regionale che,
rispetto alle sue reali potenzialità, langue e riconsegnare credibilità ad una regione che non può continuare a vivere
nell’”emergenza”. Perché di emergenza non si vive, si muore.
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