Sono
5585 e vi vivono oltre 10 milioni di italiani. Sono i piccoli centri con una
popolazione fino a 5000 abitanti: realtà con enormi potenzialità spesso
nascoste che rappresentano l’ossatura del paese e per questo non possono e non
devono scomparire. Non possono e non devono scomparire perché sono custodi di
storie e tradizioni millenarie. Non possono e non devono scomparire perché da
essi dipende in gran parte la cura e la tutela di gran parte, più della metà,
del territorio nazionale (solo in provincia di Vibo i comuni con meno di 5000
abitanti sono 44 su 50). In questa direzione, finalmente, dopo anni di quasi
totale immobile ed ignobile menefreghismo, si muove il disegno di legge
approvato unanimemente nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati, ed ora in attesa
di essere esaminato dal Senato. Contiene le “Misure
per il sostegno e la valorizzazione dei Comuni con popolazione fino a 5.000
abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la
riqualificazione e il recupero dei centri storici”. Relatore è stato l’Onorevole
Enrico Borghi, presidente nazionale Uncem (Unione nazionale comuni, comunità,
enti montani), che da anni lavora a questo progetto di legge. Un provvedimento che
si pone in controtendenza con l’atteggiamento totalmente incurante cui si è
assistito negli ultimi anni verso le piccole realtà, lasciate al loro amaro
destino nella vergognosa attesa che si auto estinguessero. Per evitare questo
la legge prevede tante valide misure, con l’aggiunta di uno stanziamento
massimo di 100 milioni di euro, da erogare tra il 2017 e il 2023, per il
sostegno agli investimenti pubblici, attraverso cui lo Stato punta a concorrere
al finanziamento di progetti di sviluppo locali, indicando i campi progettuali ed
agevolando la capacità di coinvolgere altri capitali pubblici e privati.
Tra le principali novità che la legge
prevede ci sono:
– l’istituzione di centri multifunzionali atti
a fornire servizi in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica,
postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e sicurezza;
– lo stanziamento di 10 milioni di euro
per il 2017 e 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023,
destinati a finanziare interventi di tutela dell’ambiente e dei beni culturali,
mitigazione del rischio idrogeologico, messa in sicurezza delle scuole, acquisizione
delle case cantoniere e ferrovie disabitate per realizzare circuiti turistici e
promuovere la vendita di prodotti locali;
– il riconoscimento di attori principali
ai piccoli comuni nello sviluppo socio-economico del territorio, da esercitarsi
in forma associata con altri Comuni;
– il consumo e la commercializzazione dei beni
agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile (quelli prodotti
e trasformati a una distanza non superiore a 50 chilometri dal luogo di vendita
e in assenza di intermediari commerciali).
– agevolazioni nella rete dei trasporti pubblici, finalizzati
al collegamento tra i comuni delle aree rurali e montane, e con i comuni
capoluogo di provincia e regione;
– recupero e riqualificazione dei centri
storici, con la creazione di alberghi diffusi e promuovendo l’efficientamento
energetico e la prevenzione antisismica.
Una
vera e propria rivoluzione copernicana, attesa e agognata, che interviene sullo
SOS lanciato da tanti paesini che non intendono rassegnarsi alla morte. La speranza,
ora, è che il Senato, cui è demandata l’ultima analisi, e la definitiva
approvazione del disegno di legge, faccia presto: ci sono tanti piccoli centri
desiderosi di mostrare la loro grande valenza che non possono più aspettare.
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