Il
2 novembre del 1975, su una spiaggia di Ostia, moriva tragicamente Pier Paolo Pasolini, colui che viene
universalmente considerato come uno degli intellettuali e degli uomini di
cultura più eclettici e rivoluzionari del XX secolo. Nel giorno del
trentanovesimo anniversario della sua dipartita mi preme esprimere un pensiero
nei confronti di una personalità di rilievo che, oltre ad avere mille sfaccettature artistiche,
fu un profondo osservatore delle trasformazioni della società italiana dell'epoca, particolarmente legato al mondo contadino, sebbene
lo abbia apostrofato spesso con epiteti eccessivi ed ai limiti del razzismo, forse per dare maggiore enfasi alle sue denucie sullo stato di vita inaccettabile delle popolazioni campagnole. Tralasciando
gli strascichi polemici di alcune sue uscite giornalistiche che descrivevano
alcuni ambienti agricoli calabresi ed i loro abitanti, tanto da meritarsi addirittura
una querela da parte di un comune del crotonese per diffamazione a mezzo
stampa, il legame che Pasolini ebbe con il mondo contadino della società del
suo tempo ha indiscutibili aspetti positivi che testimoniano il suo porsi con
convinzione a difesa delle persone umili. Ne è dimostrazione un particolare
episodio che lega Gerocarne, il comune che mi onoro di rappresentare, e lo
scrittore bolognese. Narrano le cronache che negli anni a cavallo tra i cinquanta
ed i sessanta Pier Paolo Pasolini fosse in viaggio in Calabria, nel crotonese,
alla ricerca di un set scenografico per le riprese del suo capolavoro
cinematografico “Il Vangelo secondo Matteo”. Della comitiva del versatile
Pasolini faceva parte il regista di Vibo Andrea Frezza, suo amico, che lo
invitò a visitare gli ambienti contadini del vibonese. Giunto in città ed entrato in una nota libreria
del luogo, l’intellettuale apprese di una particolare rivolta popolare che si
stava svolgendo ad Ariola, una delle frazioni di Gerocarne, dove i contadini stavano
protestando veementemente contro l’abbandono totale in cui erano stati lasciati
dall’amministrazione democristiana del tempo, rea di mantenere la frazione
priva di qualsivoglia minimo comfort, lasciata senza vie di comunicazione,
elettricità, acqua, fogne. Turbato dalla notizia, Pasolini espresse il desiderio
di incontrare quella popolazione e, per esaudire tale richiesta, fu condotto ad
Ariola, dove, nel posto telefonico pubblico, di proprietà della famiglia
Santaguida, poté ascoltare dalla viva voce dei protagonisti il racconto dello
stato in cui erano costretti a vivere e perché, ascoltando gli echi lontani di
un mondo che altrove si stava sviluppando velocemente, portati alla
disperazione avevano dichiarato guerra
all’amministrazione comunale. Pare, infatti, che nei giorni precedenti ci fosse
stato un funerale e, nel momento in cui il corteo funebre si trovo nei pressi
di un fiumiciattolo, la bara cadde dalle spalle dei portatori ed il cadavere
finì in acqua, tra lo sgomento dei familiari e di tutti i presenti. Pasolini,
da attento osservatore, ascoltò tutto ciò che gli venne narrato e fece la
promessa solenne, oltre che sarebbe tornato a Gerocarne in futuro, che avrebbe
mandato dei soldi per la costruzione di una qualche opera infrastrutturale ad
Ariola. La morte violenta, sopraggiunta in giovane età qualche decennio dopo,
non gli permise di mantenere la prima promessa, ma la seconda si: dopo poco
tempo dalla sua partenza dal territorio calabrese, infatti, arrivò all’indirizzo
del comune di Gerocarne la somma di 50 mila lire, cospicua per il tempo, con la
quale venne costruito un ponte che, in qualche modo, contribuì ad alleviare la
drammaticità delle condizioni di vita degli abitanti di Ariola. Un gesto
semplice, dunque, che testimonia la grande personalità dell’uomo Pasolini, al
quale oggi, in rappresentanza dei miei concittadini, va il mio profondo pensiero
per aver voluto e saputo interpretare le legittime istanze di una popolazione in
estrema difficoltà.
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